mercoledì 19 maggio 2010

Sulla strada. Elogio dei compagni di viaggio

Ai miei occhi, le persone che mi capita (e che mi sforzo) di conoscere in viaggio, risultano sempre individui interessanti, che catturano totalmente la mia attenzione, nel bene e nel male.
Sono di gran lunga le persone più affascinanti nel mio immaginario sociale, in quanto le più misteriose.
Tant'è vero che, qualunque fosse l'accezione del viaggio, ricordo di aver avuto dai miei incontri "in itinere" emozioni forti, anche se non di rado discordanti. Una vacanza, ma persino un semplice spostamento in treno o con altro mezzo pubblico per motivi lavorativi, possono essere forieri di spunti e di sensazioni.

Il compagno di viaggio, poi, è un individuo dalla definizione mutevole, cangiante: il significato rimane valido e identico sia che mi riferisca a qualcuno con cui ho condiviso un tratto di strada a piedi in una comune direzione,
o qualcuno che frequento abitualmente, perfino quotidinamente, la cui conoscenza si è tramutata in condivisione di un'intensa esperienza mirata ad acquisire conoscenza.
Il viaggio di esplorazione e di scoperta, può consistere anche di una sola ora insieme, trascorsa in luogo insolito, non comune alla nostra sfera percettiva e sensoriale.
Il viaggio, scriveva infatti Mario Soldati, non è soltanto un fatto, ma "un sentimento".

Tra i compagni di viaggio che più mi hanno colpito e di cui tante volte, specie di notte, sento la mancanza, ci sono alcuni amici di vecchia data, che malinconicamente rimpiango. Ci sono poi non poche delle mie amanti perdute, ovvio. Alcune persone della mia famiglia (non i parenti stretti che, naturalmente, sono coartefici del mio viaggio e non soltanto vicini di posto). Qualche volta mi sovvengono perfino dei colleghi di lavoro che ho fatto in tempo, stranamente, ad apprezzare. E che ricordo con stima e un po' di sano affetto.
Poi però, di tanto in tanto ma non così di rado, fanno capolino nel club dei miei spettri notturni, avventori dello stesso locale in cui mi sono trattenuto a bere qualche cocktail più del solito, persone che occupavano i sedili accanto al mio nei treni e negli aerei con i quali ho parlato apertamente ricevendo lo stesso trattamento di favore (mai una volta che fosse successo con un individuo che si collocava dietro a una cattedra..)
Qualcuno era un autentico filosofo con cui ho desiderato di scrivere a quattro mani, sulla scia di Marx ed Engels, un nuovo manifesto per il risveglio delle coscienze dei popoli oppressi !
A volte mi tornano alla mente delle ragazze affascinanti, dei miraggi come oasi nel deserto, che si trovavano poco distante da me, all'altra estremità del bancone di un bar e che ho abbordato con successo, ma senza poi rivederle e risentirle mai più. Chissà perchè, al contrario, quelle donne, pur sensualissime, che vedo invece fare shopping nelle boutique griffate, entrare e uscire dai centri estetici sempre in tiro come fosse ogni giorno quello buono per morire, non mi hanno mai impressionato fino a farmele sognare di notte.  
Mentre invece qualche volta ricordo di aver banalmente sognato, per quale motivo non saprei, alcune splendide, incontaminate, eppur evanescenti, persone viste di passaggio, anche se ad esse la mia sfera razionale avrà dedicato al massimo 60 secondi d'attenzione.
Tuttavia, quante infatuazioni per loro. La gioia di aver goduto, per una pura casualità spazio-temporale che m'aveva permesso di trovarmele di fronte, della loro presenza, lasciava subito il passo a una struggente ma impalbabile nostalgia.
Una stridente alternanza tra un piacere di durata microspica, infinitesimale, ed un senso di perdita altrettanto rapido, instantaneo, ineffabile.
Fingendo per pochi minuti, o per qualche giorno e ancora di tanto in tanto gioendone al ricordo a distanza d'anni, di aver ordito la trama d'una avventura passionale, una tresca, in qualche squallido ostello, preceduta da chiacchierate a ruota libera in un locale fumoso e malfamato. Ma anche immaginando soddisfacenti riscontri e condivisioni di pensiero relativi alle mie opinioni, le convinzioni e gli stati d'animo. Insomma, il canovaccio, fittizio, di potenziali infiniti ricordi da serbare finché morte non ci separi.

Ho vissuto fin qui 33 anni, senza poter sapere per quanto tempo mi è ancora dato vivere, analizzando, sviscerando, in maniera articolata, puntigliosa e cervellotica, i miei incontri e i miei rapporti con altri esseri umani. Quanti inutili affanni !! Quanto spreco di energie, ma quanta voglia di sapere, di scoprire, di conoscerli, questi altri che abitano il pianeta e che ho incrociato lungo le stresse strade su cui passavo.
Adesso, che dopo lunghi e tormentati tragitti, la mia identita è formata, anzi di più, affermata, attraverso il confronto e persino lo scontro aspro, con questi altri passanti intercettati lungo la via, percepisco una prepotente e perentoria esigenza di raccontare il mondo che mi circonda e descrivere le persone che ho incontrato lungo il mio cammino.
 

Ma, cari lettori, vi avverto che l'economio non va riservato a chi ha deciso di raccontare, bensì a chi ha accompagnato, nei suoi passi insicuri e frettolosi, pieni d'orgoglio e strascinati, il narratore.

GLOSSA

A margine di questo post consiglio vivamente di ascoltare, leggendone i versi con moltissima attenzione, la canzone "Les passantes", scritta dal cantautore francese Georges Brassens, tradotta e cantata in italiano da Fabrizio De André con il titolo "Le passanti".

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